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Analisi dei processi idraulici in terreni insaturi, potenzialmente instabili, attraverso la sperimentazione con modello fisico in scala

dc.contributor.authorSpolverino, Gennaro
dc.contributor.authorFurgiuele, Franco
dc.contributor.authorCapparrelli, Giovanna
dc.date.accessioned2019-10-25T14:47:51Z
dc.date.available2019-10-25T14:47:51Z
dc.date.issued2019-04-15
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10955/1743
dc.identifier.urihttps://doi.org/10.13126/unical.it/dottorati/1743
dc.descriptionDottorato di Ricerca in Ingegneria Civile e Industriale, Ciclo XXXIen_US
dc.description.abstractOgni anno eventi pluviometrici, anche molto diversi per durata ed intensità, innescano frane superficiali e profonde sui versanti o colate fangoso-detritiche lungo gli impluvi naturali e le aste torrentizie, che producono danni rilevanti e un inaccettabile numero di vittime. La loro pericolosità è legata alla rapidità d’innesco, alla mancanza di indizi premonitori e all’elevata intensità di distribuzione dei singoli fenomeni sul territorio. Tra le varie tipologie di frane, lo studio dei fenomeni franosi rapidi riveste un ruolo prevalente nell’attività di ricerca, in quanto questi rientrano tra i più catastrofici eventi di frana. Lo studio e la previsione delle frane indotte da pioggia quindi, è un campo che riveste grande importanza. La letteratura tecnica propone numerose attività di ricerca, volte sia a comprendere i processi alla base dell’innesco di un fenomeno franoso, che a migliorare i sistemi previsionali, con un ruolo delle discipline idrauliche che appare sempre più rilevante. Per riprodurre e investigare l’evoluzione dell’infiltrazione in pendii insaturi, potenzialmente instabili, si possono utilizzare modelli fisici in scala ridotta. Questi modelli permettono di determinare le caratteristiche idrauliche e meccaniche di uno specifico terreno, analizzando i processi di infiltrazione e tenendo sotto osservazione le grandezze fisiche responsabili dell’innesco franoso. Esistono diverse configurazioni che differiscono in base alle dimensioni e alla strumentazione installata. Quelli maggiormente usati, permettono una modellazione di pendio indefinito con l’installazione di diverse apparecchiature in grado di misurare ogni grandezza necessaria alla comprensione del fenomeno. L’utilizzo di questi modelli consente di analizzare il comportamento di depositi di dimensioni maggiori rispetto ai provini utilizzati per le prove di laboratorio, in modo da limitare gli effetti di contorno ed avere condizioni prossime a quelle presenti in sito. Altro vantaggio di questi modelli è la possibilità di tenere conto del contributo al processo di moto fornito dalla porosità strutturale (e in qualche caso anche dalla macroporosità), che ha una lunghezza caratteristica spesso ben maggiore rispetto alle dimensioni del provino che si usa per le classiche prove di laboratorio. Lo scopo di questo lavoro è comprendere i meccanismi che controllano i processi idraulici in terreni parzialmente saturi, potenzialmente instabili. A tal fine, è stato completato un canale artificiale (la cui componente principale è stata realizzata nell’ambito del Programma Operativo Nazionale - Ricerca e Competitività 2007-2013, nel Progetto SILA “Sistema Integrato di Laboratori”) in grado di misurare le principali grandezze che controllano sia il fenomeno di collasso indotto dall’infiltrazione, sia l’evoluzione post-rottura della frana. Si tratta di un modello fisico ben strumentato che consente di approfondire le conoscenze sulla dinamica evolutiva dell’innesco franoso, consentendo così di ampliare le conoscenze del fenomeno e di valutare nel contempo le procedure più adeguate di mitigazione del rischio. A differenza di altri modelli fisici di pendio, il canale è di dimensioni notevoli ed è possibile quindi analizzare volumi di terreno maggiori e riprodurre più fedelmente il fenomeno naturale, limitando al massimo gli effetti al contorno. Inoltre, la possibilità di investigare spessori più prossimi a quelli reali, permette di studiare il comportamento di coltri di assegnate caratteristiche e gradi di addensamento con stati tensionali più vicini a quelli reali, giungendo così ad una interpretazione dei fenomeni di rottura più veritiera. È stata avviata una specifica attività sperimentale adoperando del terreno piroclastico campano dall’area di Sarno (SA). Questa zona, insieme ad altri comuni delle provincie di Salerno e Avellino, il 5 - 6 Maggio 1998, sono stati colpiti da numerose colate rapide di fango che hanno costretto l’intera regione Campania ad una situazione di emergenza con impatti drammatici sulla popolazione e sull’economia. La zona è caratterizzata da terreni di natura piroclastica, prodotti delle diverse fasi eruttive del complesso vulcanico Somma-Vesuvio, dei campi Flegrei e di altri vulcani presenti nella Regione Campania non più attivi. La stratigrafia del luogo è costituita da un’alternanza di depositi incoerenti, granulometricamente variabili, dalle sabbie, sabbie limose e limi (ceneri), alle ghiaie e sabbie con ghiaia (pomici). Di questi terreni, è stata effettuata una caratterizzazione con delle prove di laboratorio geotecniche e idrauliche. In seguito, sono state eseguite quattro prove con il modello fisico con lo scopo di analizzare e comprendere la predisposizione all’instabilità di questi terreni. In particolare, sono state eseguite una prova con un deposito omogeneo di cenere vulcanica, una prova con un deposito stratificato costituito da uno strato di cenere sovrapposto ad uno di pomici e due prove eseguite su dei pendii formati da tre strati (due di ceneri con in mezzo uno strato di pomici). Ricostruendo le diverse stratigrafie che è possibile riscontrare in sito, sono stati investigati e analizzati i processi di infiltrazione e circolazione delle acque sotterranee, con particolare attenzione al ruolo che hanno assunto gli strati maggiormente grossolani di pomici. Dalle prove è emersa la rilevanza del ruolo ricoperto dagli strati di pomici in termini di stabilità del versante. Le pomici infatti, a seconda delle condizioni di umidità iniziale e dell’intensità della forzante pluviometrica, possono manifestare differenti risposte e comportamenti che influenzano la stabilità del deposito: favorire il deflusso sub-superficiale, impendendo l’annullamento delle suzioni o favorire la formazione di sovrappressioni neutre influenzando la stabilità del versante.en_US
dc.description.sponsorshipUniversità della Calabriaen_US
dc.language.isoiten_US
dc.relation.ispartofseriesICAR/02;
dc.subjectFraneen_US
dc.subjectInfiltrazionien_US
dc.titleAnalisi dei processi idraulici in terreni insaturi, potenzialmente instabili, attraverso la sperimentazione con modello fisico in scalaen_US
dc.typeThesisen_US


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